Nudo e crudo
È stato avvistato passeggiare con estrema disinvoltura un uomo in costume adamitico, stamattina in città, mentre cadeva una bella pioggerellina di marzo.
Pare fosse per protesta contro i poteri forti: questo è quello che si sa, per ora.
Il corpo nudo spiazza.
Sì, nudo e crudo, senza foglie di fico.
Senza e basta.
Come mamma l’ha fatto. Manco con le scarpe. Nudo e crudo.
È stato chiamato il 118. Non il 113: il 118.
E sapete cosa vi dico? Che a me va bene così.
Sfilate pure nudi e crudi se volete protestare, che il corpo nudo non mi fa paura. Non dovrebbe. Ce l’abbiamo tutti, siamo tutti fatti così.
Mi va meglio questo, davvero: sono altre le cose che mi fanno fastidio e che trovo inaccettabili.
Mi va meglio questo di chi imbratta opere d’arte per protesta.
Mi va meglio questo di chi piazza il suo faccione sui social a pontificare e pensa di avere sempre (sempre) la verità in tasca.
Mi va meglio questo che uno con la camicia con i buchi sui capezzoli (sarò antica, ma però).
Mi va meglio questo anche dell’accoppiata Fedez e Ferragni spalmati l’uno sull’altra ignudi sul divano o sul comò, non mi ricordo, a servizio della cover di turno.
Erano nudi pure loro, in fondo. Perché dovremmo stupirci tanto allora?
Mi va meglio questo.
Nudo e crudo (e freddo: c’erano pur sempre 10 gradi).
Non ha fatto del male a nessuno, pare.
Ci ha solo ricordato che abbiamo un corpo e che è non sempre deve essere messo a servizio del web, dei social (a quello ci pensano gli altri), 𝙢𝙖 𝙛𝙤𝙧𝙨𝙚 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙘𝙤𝙧𝙥𝙤 𝙙𝙖 𝙨𝙤𝙡𝙤 𝙥𝙪ò 𝙙𝙞𝙧𝙚 𝙖𝙣𝙘𝙤𝙧𝙖 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙘𝙤𝙨𝙖.
E l’ha fatto un lunedì mattina, non un sabato pomeriggio sempre pieno di gente e di turisti. L’ho trovato giusto.
Che volesse far parlare è fuori da ogni dubbio, ma almeno lui è stato originale.
Il peccato in fondo quasi sempre lo è sempre.
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