Rifugiarsi

Stavo pensando a questo verbo, a quanto può essere bello e anche straziante.

Penso ai miei rifugi, da me stessa e dal mondo. Penso, e oggi è inevitabile, a chi tiene stretta tra le mani quella carta della salvezza, l’essere riconosciuto rifugiato per scappare davvero da qualcosa che potrebbe ucciderlo, oppure semplicemente – ma neanche tanto semplicemente – per trovare una vita migliore lontano da casa.

(Ma non parlerò adesso di questo. Non parlerò di migrazioni qui. Perché questo sito è un po’ un rifugio, mio e tuo, che stai leggendo. Dove condividere pensieri e mondi, modi e vie nuove e dove il comune denominatore è la scrittura, e la lettura).

Con l’estate, e quest’estate in particolare (forse un giorno ti spiegherò il perché) sento una necessità costante di correre al riparo. Dagli occhi (vedi alla voce social), dalla frenesia, dal tutto scontato, ma in sostanza dal mondo che mi circonda. Mi piacerebbe l’idea di vivere senza il cellulare addosso, di perdermi in un pensiero semplice in un pomeriggio d’estate – magari tra le pagine di un libro.

Chissà se almeno durante le canoniche vacanze riuscirò a farlo.

In questo momento il mio rifugio è un angoletto del mio giardino. Lì cresce l’edera, e c’è sempre fresco. C’è un albero, un nespolo del Giappone, come quelli di cui mi raccontava la nonna, c’erano anche nel suo giardino a Rodi, proprio quello che descrivo ne La prima ora del giorno.

Lì nessuno mi vede. È un piccolo angolo nascosto, nemmeno il sole ci arriva, e mi piace far correre la mente a briglie sciolte. Immaginando quel che verrà, ma senza la pressione che normalmente hai se questi pensieri li formuli quando qualcuno ti guarda o quando hai stimoli esterni. Ci avete mai fatto caso? Sono pensieri diversi, quelli che fai quando sei veramente solo. Più intimi, più veri.

Quando trovi un rifugio. È allora che trovi il posto perfetto dove stare e dove essere te stessa. O forse solo chi davvero vorresti essere.

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